1948
Yoram Kaniuk nasce a Tel Aviv nel
1930. Il padre galiziano e la madre, nata ad Odessa, emigrarono in Palestina
nei primi anni del Novecento. Kaniuk è dunque un ebreo nato in Palestina, un sabra, parola che si aggancia a tzabar,
fico d’india. Un frutto che nasce da terreni aridi e ruvidi, spinoso all’esterno
ma che nasconde un dolce succo all’interno. A 17 anni e mezzo, arruolatosi nel
Palmach[1], si ritrova a dover
combattere una guerra, spiantata e feroce, per fondare uno stato.
Kaniuk ha impiegato circa sessant’anni
prima di scrivere questo libro. Dopo aver rischiato di perdere la vita a
seguito di una malattia, decide che quelle memorie, ora, si devono e possono raccontare.
Un libro “non sulla guerra, ma dalla guerra. Dalla pancia della guerra”, che
racconta l’esperienza traumatica di una generazione mandata al macello, senza
armi adatte, attrezzature, equipaggiamenti specifici. Una generazione nella quale i politici di allora vedevano i
nuovi eroi. “La verità è che non pensavamo di fondare uno stato: combattevamo
per sopravvivere”. E poco allora capivano di quanto quella guerra e quello
stato fossero legati allo sterminio appena avvenuto, troppo presto e troppo
agghiacciante per poter capire fino in fondo chi erano quei sopravvissuti che
sembravano arrivare direttamente dall’inferno. Troppo poco sapevano di quello
che era davvero successo per poter comprendere il senso profondo di quella
battaglia, di quel macello, di tutto quel sangue, di un nuovo stato.
È difficile riassumere un libro
di Kaniuk, questo in particolar modo. Per chi ha un po’ di dimestichezza con l’autore
sa che non si tratta di una lettura facile. Una prosa poetica, fatta di
immagini, di odori, dove il sangue, primo protagonista del libro, sgorga come
inchiostro dalle pagine fino alla fine. Una prosa che schiaffeggia, se
necessario, ferisce e spesso immobilizza. Ironica anche. Un autore mai banale, provocatorio
e intelligente in ogni sua battaglia, in ogni suo libro. Purtroppo poco amato
dal mercato italiano, ma di punta in Israele, colonna portante della
letteratura israeliana.
Ammetto di aver ordinato subito
1948 e di essermi approcciata al libro con l’entusiasmo ingenuo e un po’
bambino di chi si ritrova fra le mani le memorie di uno tra gli autori
preferiti. Ho capito che avevo sbagliato tutto e ho dovuto far riposare quel
testo per alcune settimane. Ripreso con lo stato d’animo giusto, mi sono resa
conto che l’autore stava dando la possibilità di toccare la pelle viva, i
nervi, la carne, di una ferita mai richiusa. Mi stava fornendo una prospettiva
diversa, quasi di sbieco, ma intima e viscerale, di un conflitto sul quale
tutti oggi sembrano in grado di pontificare. Un libro straordinario, che non ti
lascia finita la lettura, ma ti tormenta un poco alla volta e ti accompagna con
nuove riflessioni, nuovi stimoli.
Per chi volesse approfondire
consiglio alcuni link:
per la bibliografia http://it.wikipedia.org/wiki/Yoram_Kaniuk
https://www.giuntina.it/ElencoRecensioni/1948_537/1948_687.html
[1]
Forza di combattimento regolare degli yishuv, insediamenti ebraici prima della
nascita di Israele. Si occupava in particola modo dell’addestramento militare
dei giovani.
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