La morte del padre, la morte del romanzo qualunque.



Quando si sa troppo poco, è come se questo poco non esistesse, ma anche quando si sa troppo, è come se questo troppo non ci fosse. Scrivere significa portare alla luce l’esistente facendolo emergere dalle ombre di ciò che sappiamo. La scrittura è questo. Non quello che vi succede, non gli avvenimenti che vi si svolgono, ma lì, in se stessa. Lì, risiede il luogo e l’obiettivo dello scrivere.

“ La morte del padre” (prima parte di un'opera monumentale che conta sei volumi) non è altro che un libro terribilmente noioso. La Noia è la protagonista principale di questo romanzo autobiografico. Che poi proprio romanzo non è, ma sorvoliamo; e non proviamo nemmeno a chiederci se esso sia letteratura o meno. Perchè lo è, e questo vi basti.
Questo libro è talmente piatto, noioso e apparentemente insignificante che diventa, dopo le prime pagine morbosamente irresistibile. All'inizio ti chiedi: Karl Ove, dove mi vuoi condurre? Cosa mi vuoi dire? Nulla è la risposta più sensata, eppure qualcosa dice, eccome.


Paradossi a parte, Zadie Smith ha definito questo romanzo (definiamolo tale per comodità) come il crack, perché nel momento in cui ti abbandoni semplicemente ad esso, cali le difese, e rinunci alle vesta di lettore cinico e snob, questo libro non lo molli più.

“La morte del padre” non è altro che una raccolta di pensieri, elenchi, racconti della vita dell'autore. L'infanzia e l'adolescenza in un piccolo paesino norvegese (?), il rapporto con i genitori, la prima sbronza, la seconda, le successive, gli amici, la sbandata per una compagna di classe. La sua vita di oggi, un matrimonio alle spalle e uno ancora in piedi, quattro figli, il disagio di essere padre, andare a fare la spesa, accompagnare i figli a scuola, le discussioni con la moglie, una vita insoddisfacente.

Molti lo paragonano a Proust, sospetto soprattutto per la mole importante dei sei volumi. Ma il paragone non è del tutto fuori luogo.
Knausgard è coraggioso, perché non ha una buona storia tra le mani, quella che tanti scrittori aspettano, quella che si lascia raccontare, costruire. Ha solo la sua vita. Come quella di molti. Il quotidiano comune a tanti, le azioni di ogni giorno, i pensieri di ogni giorno, anche quelli inquietanti, quelli che non vorremmo dire a nessuno. Lui invece ce lo dice e si vergogna di farlo. Ma questo è, e lo spiattella senza troppo pudore.
Scardina l'idea corrente che abbiamo del romanzo e semplicemente scrive, senza uno stile particolare, senza una trama.

Un norvegese su dieci lo ha letto. Lì il libro ha avuto un enorme successo. Forse perché ci suggerisce – e sembra farlo del tutto involontariamente, perché questo romanzo non ha davvero alcuno scopo – che l'intimità dell'esistenza ci appartiene in ogni caso, che la noia, il disagio, l'insofferenza fa parte delle nostre vite. E basta. Nulla più. E questo suo essere così impalpabile e al tempo stesso concreto e viscerale che lo rende un libro eccezionale. Fuori dalla norma.

Se siete stanchi di rincorrere film avvincenti, serie tv spettacolari, libri trascinanti, se siete stufi di cercare quel qualcosa che dà un senso al tutto, se non ne potete più di un'industria culturale che ha come fine unico quello di impressionarvi, di stupirvi, di volervi divertiti ma sciocchi, beh, potete rilassarvi e impegnare le prossime settimane nella lettura di questo volumone (attenzione, perché Feltrinelli pubblica solo la prima parte). Non ci troverete niente di più di quello che avete già capito e niente di ciò che in un modo o nell'altro avete già vissuto. Abbandonatevi alla noia, al quotidiano senza effetti speciali, alla lentezza. La vostra esistenza è tutta là, e va bene così.

https://www.lafeltrinelli.it/libri/karl-ove-knausgard/morte-padre/9788807887130?productId=9788807887130.html

Commenti

Post popolari in questo blog

Tadeusz Pankiewicz e la Farmacia sotto l'Aquila

Vivian Maier

Lui era mio padre