Il fascino inarrestabile del disordine

A volte la distanza fra Qui e Lì è esigua. Più spesso è un abisso. Here and T-here. Seppur diversi, anche opposti, uno contiene l'altro. Così lontani eppure così affini. Perché è sufficiente un minuscolo dettaglio a far saltare tutto in aria, e Qui non è più Qui ma è Lì.

Dave vive Qui e Qui è un'isola: ordinata, normalizzata, standardizzata. Le strade di Qui sono geometriche e pulite, gli alberi potati nel modo giusto, le case affiancate regolarmente una all'altra.
Gli abitanti di Qui camminano ordinatamente lungo viali squadrati, s'alzano tutti alla stessa ora e ligi al proprio ruolo, ogni mattina, si avviano al lavoro.
Tutto va come deve andare, tutto segue rigidamente uno schema preciso. Niente fuori posto, nessun dettaglio a disturbare la monotona tranquillità di Qui. I rapporti umani seguono convenzioni preconfezionate, e la sera, nelle proprie case, la solitudine di ciascuno garantisce il perpetuarsi di una compattezza granitica.
Qui è sicurezza, tranquillità, certezza, riparo, protezione.
Poi c'è Lì, ma di questo non è bene parlare. Perché Lì è caos, buio, confusione, paura, pericolo.

Insomma, tutto va come deve andare, finché...
Quel pelo sul volto glabro di Dave, quand'è spuntato? Quel ricciolo che si ribella al rasoio, cresce, non si piega alla lama e cresce ancora e ancora e ancora, fino a diventare una barba incontenibile.
Ed eccolo, l'elemento di disturbo, la chiave che scardina un sistema perfetto, quel dettaglio di fastidio che si insinua nella compattezza di Qui.


Basta poco, è un attimo, un dubbio, che come gramigna spunta dal cemento e si attacca alla gola.
Perché nonostante le gabbie che ci contengono, i confini che ordinatamente definiscono e danno forma, la routine che incanala movimenti e pensieri, le griglie all'interno delle quali ci sistemiamo e che esorcizzano ansie e paure, cresce nel sottosuolo un tarlo, l'immaginazione scalcia per farsi posto. Si incunea all'interno di una qualunque crepa, una fessura, una fenditura quasi invisibile e la allarga fino ad interrompere il flusso ordinato del tempo. C'è un prurito, un disagio che si avverte e che ci interroga: quanti possibili noi oltre i consueti noi?
L'altrove diventa possibilità, l'irragionevole sguscia fuori e sgretola ogni meccanismo collaudato.



La gigantesca barba malvagia è una favola contemporanea, nera, a tratti divertente, disturbante. Ironica e drammatica. C'è tanto Novecento in questa graphic novel. La possibilità di sovvertire la realtà attraverso un dettaglio fuori posto, la repulsione e l'attrazione verso l'altro da sé, la percezione di sé stessi che non collima con il senso comune. Il disagio quale elemento di rottura.
C'è l'uomo qualunque, l'uomo senza qualità: Dave è un antieroe kafkiano, diventa protagonista in quanto vittima degli eventi.

C'è anche tanta poesia. Le immagini potentissime, si fanno metafora e riportano il senso di
ineluttabile che striscia lungo tutta la narrazione. La scelta del bianco e nero è perfetta e sorregge la percezione di inquietudine presente lungo tutta la storia. Molte le immagini a tutta pagina, di grande impatto quelle inerenti alla crescita della barba: gigantesche, maestose, pare che il foglio a stento le contenga. Si agganciano delicatamente al testo minuzioso e minuto, reciproca amalgama.
Stephen Collins convince per storia, illustrazioni, sensibilità. E fa riflettere sulle strategie che ciascuno di noi è in grado di attuare, suo malgrado, per scrollarsi di dosso il torpore quotidiano.


La gigantesca barba malvagia, Stephen Collins, 2014, BAO Publishing
https://baopublishing.it/prodotti/la-gigantesca-barba-magica/

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