La piccola battaglia portatile

“Non so bene come chiamarmi, non so bene come vestirmi, non so bene cosa sono, che spazio occupo, da che parte sto, a cosa servo, quanti anni dimostro, da dove vengo, quando mi sono incontrato per la prima volta, non è facile scrivere così, comunque cominciamo”

L'incipit de La piccola battaglia portatile (Paolo Nori, Marcos y Marcos, 2015) è tutto un programma perché in fondo, è un programma.
È una dichiarazione di difficoltà e d'intenti, è un'ammissione di colpa o semplicemente la constatazione di quello che si è e basta.
È da questa confusione cosmica, dal non sapere, che nasce e si sviluppa la poetica di Nori.
È da questo spaesamento, dagli interrogativi non proprio urlati ma timidamente sussurrati sulla paternità che prende forma il suo rapporto con la figlia.
La piccola battaglia portatile è la cronaca di una relazione padre-figlia, ma è anche molto di più. Perché non basta prendere un taccuino e annotare frasi e aneddoti capitati negli anni. Bisogna essere Paolo Nori e avere una figlia come la Battaglia.

“La battaglia, essendo nata i primi di ottobre, è del segno della bilancia ma lei, se qualcuno glielo chiede, dice che è del segno della scimmia, che è quello cinese, che c'è un segno per ogni anno, se non mi sbaglio, e il 2004, che è l'anno che è nata la Battaglia, dev'essere l'anno della scimmia.
E se qualcuno le chiede come mai le piace più il segno della scimmia di quello della bilancia lei risponde che la scimmia sta suglia alberi, invece la bilancia le salgon tutti sopra.”

È dalla difficoltà che nasce la scrittura di Nori, dal non sapere, dalle mancate certezze, dalle molteplici domande. La grammatica sentimentale dell'autore è scavata nel dubbio.
E questo fa sì che Nori scrive come pensa, le parole rotolano una appresso all'altra e come valanga, nella discesa, si gonfiano mano a mano. E se inizialmente sembra tutto un tentennare poi ti accorgi che qua e là l'autore butta, come buccia di banana sull'asfalto, riflessioni importanti.
Piccole gemme, tra un aneddoto e l'altro.
Questo libro è intelligente. È acuto. Ironico, divertente. Commovente a tratti. Sorprendente il suo scrivere.
C'è l'amore privo di retorica. I ricordi sembrano sparpagliati come coriandoli, come se a dar loro una forma fosse il caso. Sono accaduti, l'autore ci è inciampato sopra, li ha raccolti, compiendo, alla fine, un'operazione  piuttosto semplice.

“Una volta la Battaglia, al mare, si era chiusa in bagno, dopo dieci minuti ero andato a vedere, si stava lavando le unghie con il dentifricio e lo spazzolino.
Aveva alzato la testa, mi aveva guardato, vengono bene, mi aveva detto.”

Ecco, a me la Battaglia ricorda Zazie di Queneau e mi pare quasi di conoscerla da una vita e di unirmi partecipe alla galleria di ricordi. Ma mi ricorda anche la forza poetica dei Charles M. Schulz, la capacità di portare in superficie, quasi per caso, piccole verità assolute, riflessioni alte sulla vita e sul destino.
Perchè Nori parte dal quotidiano e al quotidiano ritorna sempre, succhia fuori dalla normalità la sua parte coraggiosa e originale.

Rido dall'inizio alla fine, di un sorriso che mi riempie la faccia e gongolo mentre mi accompagno a questo libro. Lo termino in pochi giorni e potrebbero essere poche ore. Poi lo sfoglio di nuovo, a caso, lo sbocconcello ancora un po'. E mi ricorda che esiste ancora un modo diverso di scrivere e mi suggerisce che esiste un modo diverso di leggere.

https://marcosymarcos.com/libri/la-piccola-battaglia-portatile/

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