Estate e storie di fantasmi

"Miss Caine dovete smetterla. Pensate a dove vi trovate."
"Mi trovo in un edificio di mattoni e malta. Costruito da uomini."
"Non posso più stare ad ascoltare" gridò: finalmente aveva perso la pazienza. (Era quello che volevo? Provocare una reazione umana e non spirituale in quell'uomo inetto?) Dovete andarvene da qui se non siete in grado di esprimervi con il rispetto..."
Mi alzai bruscamente dal banco e lo guardai dall'alto in basso, frustrata, "Voi non siete là, padre" esclamai. "Io mi sveglio a Gaudlin Hall, passo gran parte della giornata lì, ci dormo la notte. E in tutto questo c'è un solo pensiero che mi passa per la mente..."
"Ossia?"
"Quella casa è posseduta."

Inghilterra vittoriana, una giovane educatrice zitella, un padre morto a causa di una lettura pubblica di Charles Dickens.
Questo l’inizio, l’humus dal quale si sviluppa la storia di fantasmi elaborata da Boyne. Un contesto perfetto: una Londra di fine ottocento velata da una coltre lattiginosa e irriducibile di nebbia da cui parte la vicenda di Eliza Caine, giovane insegnante appena ventenne, orfana di madre e devotissima al padre il quale ricambia affettuosamente il suo amore filiale. Non bella Eliza, ormai rassegnata ad una vita da zitella, si è costruita con caparbietà una routine di gesti, azioni e contesti che rendono la sua umile vita tranquilla e vagamente sonnolenta. Una serenità semplice e senza pretese, una vita sottovoce, qualche rimpianto cacciato sotto il tappeto di tanto in tanto, serate di lettura davanti al caminetto con il padre accanto e la stanza immersa nell’odore di pipa e di cannella.

Ma poi arriva Dickens a spezzare questa catena di placida abitudinarietà e una serata a lui dedicata nella quale lo scrittore sarà protagonista di letture e racconti.
Il vecchio, grande lettore ed estimatore dello scrittore, decide che l’incontro con il padre di Oliver Twist è ghiotta e imperdibile occasione: inutili le insistenze della figlia che fa leva sulle sue precarie condizioni di salute. Obiezioni che invece avrebbe dovuto seguire: di ritorno dalla notte londinese, fradicio e infreddolito, viene colto da violenti accessi di tosse, accompagnati da una febbre altissima. A nulla valgono le cure della figlia e del medico chiamato d’urgenza; il vecchio Caine muore nel suo letto qualche giorno dopo.
Per Eliza il colpo è durissimo: ormai rimasta da sola, la bolla di affetti e sicurezza che aveva cadenzato le sue giornate si rivela un abisso dentro al quale la giovane donna fa fatica ad affacciarsi. È con questo stato d’animo che decide di rispondere ad un annuncio di giornale nel quale cercano urgentemente un’istitutrice a Gaudlin Hall, nel Norfolk. L’annuncio è piuttosto sommario e a tratti confuso, ma cattura l’attenzione di Eliza che senza troppe considerazioni si licenzia dalla scuola nella quale insegnava, prende le valigie e parte.
E qui il libro entra nel colmo della sua atmosfera: una vecchia casa aggrappata ad una collina ai margini del piccolo villaggio di campagna, due bambini che sembrano già vecchi quali unici abitanti del castello, un segreto che sembra scorrere sottoterra, abitanti silenziosi e diffidenti. E una catena di incidenti mortali che nell’arco di pochi mesi hanno falciato le giovani vite delle precedenti istitutrici.

Una storia di fantasmi come si deve, insomma, che si muove in un contesto tipico ma non banale, supportata da una prosa che per eleganza, cura e ironia ricalca volutamente i romanzi di Jane Austen. Non un romanzo eccezionale, intendiamoci, e nemmeno indimenticabile, lontano dalla bellezza e dal carattere sofisticato delle opere di Shirley Jackson, ma una storia piacevole e ben costruita.
Una lettura estiva, credo si dica così, e per chi, come me, adora le storie di case infestate nell’Inghilterra vittoriana, non c’è alcun buon motivo per perdersi questo libro.
La casa dei fantasmi, narrato in prima persona dalla stessa Eliza, traccia il profilo di una donna, la protagonista, di grande sensibilità e fermezza, fragile ma al tempo stesso decisa e di grande coraggio. Fuori dagli schemi per l'epoca (eppure non grottesca, perfettamente inserita nel contesto in cui vive), cocciuta e risoluta, è capace di ignorare le voci e i suggerimenti che le ronzano attorno; forte della propria solitudine, non si abbassa alla morale comune, intenta a seguire la propria attitudine e sensibilità. Il libro sottolinea anche, senza appesantire la narrazione e senza alcuna velleità di morale o educativa, la bellezza e la forza delle relazioni di affetti, della coerenza portata avanti nonostante tutto e della cura dell'altro non come annullamento di sé ma come rafforzamento delle proprie passioni.

Per approfondire:

L'incubo di Hill House, Shirley Jackson,  Adelphi, 2004
https://www.adelphi.it/libro/9788845930959


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