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Visualizzazione dei post da marzo, 2020

Il ghetto di Venezia approda a éStoria

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Il 19 maggio 2019 si è inaugurata a Gorizia la XII edizione del festival èStoria, che quest’anno ruota attorno al tema “Schiavi”. La seconda giornata di lavori si è aperta con un incontro dal titolo “1516-2016: dal ghetto di Venezia all’acquisizione della libertà religiosa. La società ebraica e i gentili ” che ha proposto una riflessione sulla nascita e sugli sviluppi del ghetto di Venezia, in sintonia con gli appuntamenti creati in occasione del cinquecentenario dalla sua costituzione. Il confronto, organizzato dalla redazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con l’Associazione degli Studenti di Scienze Diplomatiche Internazionali di Gorizia, ha visto protagonisti tre storici di rilievo: Anna Foa, Donatella Calabi e Simon Levis Sullam che sono stati coordinati dal direttore della redazione UCEI Guido Vitale. I tre storici sono stati chiamati a indagare l’esperienza del ghetto di Venezia nello specifico, le tracce che ha lasciato nella comunità eb

La frontiera

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Chimamanda Ngozi Adichie,‭ ‬scrittrice nigeriana,‭ ‬ci mette in guardia dai rischi derivanti dalla‭ ‘‬storia a senso unico‭’ ‬e segnala come questa sia funzionale agli scopi del potere e dell’autorità:‭ “‬Mostrate un popolo come una cosa,‭ ‬come solo una cosa,‭ ‬più e più volte,‭ ‬ed è così che esso diventerà questa cosa‭”‬. Al contrario,‭ ‬ci suggerisce come una molteplicità di narrazioni sia in grado di incrinare stereotipi e pregiudizi e di rimandare alla dignità spezzata dei popoli. La frontiera di Alessandro Leogrande‭ (‬Feltrinelli,‭ ‬2015‭) ‬si pone proprio nel solco di questa riflessione,‭ ‬ricomponendo un mosaico di storie ed esperienze raccolte direttamente dalla voce dei migranti.‭ ‬Solo un pluralismo di voci può riportare la complessità del reale,‭ ‬solo se ci poniamo in ascolto possiamo arrivare a intravvedere le cause di quello che accade intorno a noi. Continua a leggere qui https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/la-frontiera/

La forza eversiva del tradimento

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Lo scenario all'interno del quale si svolge un'azione, spesso, invece di fungere da semplice sfondo,  condiziona e muove l'azione stessa. E' questo il caso: siamo a Gerusalemme nell'inverno in bilico tra il 1959 e il 1960. E questo non è un dettaglio. Fa freddo, piove spesso e tra i suoi vicoli malinconici camminano i protagonisti di questa storia. Gerusalemme li guarda muoversi, li muove, Gerusalemme è in loro, nelle loro parole, nelle loro menti. Continua su Fucine Mute https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/giuda/

Ernesto

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Illustrazione blancucha Salì sull'autobus con un balzo atletico. Arruffato ma non in affanno si guardò attorno, mentre il tram riprendeva la sua corsa. Ernesto non era vecchio, ma nemmeno di primo pelo, lo sguardo affilato di chi del mondo ha conosciuto gli anfratti più bui. L'occhio vispo ma non indisponente e una barbetta canuta e ispida alla base del mento gli conferivano quell'aria gioviale e intelligente. Cercò un posto a sedere e si arrampicò, con qualche difficoltà, sui sedili in fondo. Da qui la panoramica dell'autobus era completa: poteva godere di una vista privilegiata, da lassù, sul sedile lievemente rialzato, monitorava le entrate e le uscite, l'occhio dell'autista riflesso sul grande specchio retrovisore sopra la cabina, la vecchia pazza puzzolente che concionava solitaria, quell'uomo alto che lo guardava teneramente in cerca di un'occhiata di complicità. “Ernesto!” chiamò la vecchina accanto “Ernesto!” Reiterò con un urletto acuto e

Quaderni giapponesi

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Il Giappone era diventato per me lo scrigno dei desideri e soprattutto il paradiso dei disegnatori. Inebriato dalle vecchie stampe giapponesi, mi ero addentrato in quel mondo di segni apparentemente semplici che celavano una sapienza misteriosa. Si può raccontare Quaderni giapponesi seguendo il filo della narrazione; in fondo, la vicenda descritta è la storia, connotata nel tempo e nello spazio, di una collaborazione, di un viaggio, di un innamoramento. Eppure no, Igort mi spinge alla contemplazione. Mi sfida, attraverso immagini che si muovono ai confini dell'onirico, a cercare un senso, dondolando tra superficie e profondità. Accompagna i miei occhi attraverso la ricerca della bellezza. Intesa come impatto, estetica, ma anche e soprattutto come senso di una vita, come approccio, sguardo sghembo attraverso cui leggere l'esistenza. Gli acquarelli tenui mi parlano di una propensione all'introspezione, alla riflessione, alla ricerca intima della propria singolare

Tramonto libico: la storia di un ebreo arabo tra memoria e riconciliazione

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Tramonto libico è un piccolo grande libro. Si mastica veloce, si digerisce lentamente. Si muove svelto perché a perdifiato gli occhi bramano di arrivare alla pagina successiva. È un libro di memorie sulla memoria. È un libro di avventura, di chi durante una vita vive dodici vite. Una storia avvincente e drammatica, fatta di aneddoti, di umorismo, di episodi. Continua a leggere qui https://www.giuntina.it/Vite_10/Tramonto_libico_636.html

Vivian Maier

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Nel 2007 John Maloof, un agente immobiliare che stava conducendo una ricerca personale sulla città di Chicago, acquista all'asta per pochi dollari una sorta di box zeppo di oggetti di ogni tipo, confiscato ad una donna insolvente. Tra le cianfrusaglie recupera un numero non indifferente di negativi e rullini per lo più non sviluppati. Le fotografie, una volta stampate, sembrano suscitare un certo interesse, e Maloof decide allora di approfondire la ricerca sulla donna che le aveva scattate. Lei era Vivian Maier e da quel momento, Maloof, recupererà circa 150000 negativi e più o meno 3000 rullini. Chi è Vivian Maier? Nata a New York nel 1926 da padre americano e mamma francese, vive tra Chicago e New York facendo la tata. La sua biografia è stata ben ricostruita dallo stesso Maloof nel documentario Alla ricerca di Vivian Maier attraverso le testimonianze delle famiglie presso le quali lavorò come bambinaia. Ora però la sua biografia non è importante, ci bas

Ogni passione spenta

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Ogni passione spenta è un ritratto di signora dai toni pacati ed eleganti. Una miniatura di ambienti aristocratici sprofondata nell'Inghilterra di inizio novecento che affida alle donne gli spazi della vita matrimoniale e famigliare; dame di casa colte e brillanti, mogli perfette, madri affettuose e distanti. Accompagnatrici silenziose di mariti importanti, illuminate di riflesso dalla luce del consorte, appendici di buon gusto di matrimoni ben confenzionati. Ornamento di contorno alle serate mondane accanto al marito, viceregina delle Indie agghindata di pietre preziose, lady Slane ha trascorso la sua vita in silenzio, appoggiata al fianco del marito, il diplomatico Henry Holland. Nessuna opinione richiesta, nessun pensiero sinceramente ascoltato; costretta a presenziare a dibattiti di scarso interesse, ammirata dal marito e da tutti per la sua bellezza composta, il suo saper stare ordinatamente al proprio posto. Fattrice di sei figli, tutti allevati nel solco della cultura pa

L'inizio di tutte le cose

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Il libro di Ilaria Bernardini aveva tutte le carte in regola per non piacermi. Intanto per un mio pregiudizio nei confronti dei giovani scrittori/scrittrici italiani. E questo è un problema mio, lo ammetto. In secondo luogo perché ho dovuto sfidare lo stomaco per convincermi a superare il primo dei nove racconti di cui si compone L'inizio di tutte le cose. [Al corso pre-parto] “Avrebbe amato anche la mia pancia molle? Le tette sgonfie? Gli ho stretto la coscia e ho cominciato a sibilare ah ah. Ah ah! E mi contorcevo come se stessi proprio male. 'Sei la più brava a soffrire' 'Lo so amore 'Mi sta venendo duro' 'Lo so'”. Ecco, a pagina quindici ho pensato di gettare la spugna. La scena spinta del corso pre-parto, scritta malissimo, mi ha fatto vacillare.  Poi però ho deciso di proseguire e, in fin dei conti, è stata una buona scelta. Nell'immaginario comune, ancora oggi, la realizzazione femminile ruota attorno alla procreazione, quando addirittu

Tadeusz Pankiewicz e la Farmacia sotto l'Aquila

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Quando si parla di resistenza si fa riferimento ad un insieme granitico e omogeneo che nel nostro immaginario comune corrisponde alla lotta armata organizzata, che collochiamo negli anni della Seconda guerra mondiale. Dato sicuramente corretto, ma forse ampiamente riduttivo. Se parlare di resistenza limita nel tempo e nelle modalità, parlare di resistenze permette di dilatare l'orizzonte storico e muove il nostro sguardo verso una molteplicità di azioni ed esperienze. Se guardiamo alle resistenze, attraversiamo una pluralità di percorsi individuali, di gesti, anche quotidiani, di piccoli e grandi momenti di disobbedienza. Si può resistere in tanti modi: organizzandosi, quando è possibile farlo, o molto spesso, nella sfera delle nostre minuscole vite, compiendo gesti significativi, di coerenza, di lotta personale. Dei segni, che nella macro-storia tendono a perdersi, ma che recuperiamo nel momento in cui ci affacciamo davanti all'oceano di individualità che il contenitore st